Recensione de La Veneziana, di Vladimir Nabokov
Adelphi, Biblioteca Adelphi, 1992
Questo volume Adelphi ci offre la possibilità di scoprire la produzione letteraria del giovane Nabokov. Infatti contiene tredici racconti, scritti tra il 1920 e il 1928, ovvero quando l’autore non è ancora trentenne. Alcuni dei racconti vennero pubblicati su riviste dell’emigrazione russa edite a Berlino, mentre altri restarono inediti. Nabokov, infatti, figlio di un noto politico russo, lasciò la Russia con la famiglia dopo la guerra civile (il padre si era schierato con i Bianchi), dapprima in Gran Bretagna, quindi a Berlino e poi ancora a Parigi.
A differenza dei grandi romanzi della maturità (tra cui Lolita), scritti in inglese, questi racconti furono scritti in russo, lingua che Nabokov utilizzò per le sue opere sino alla fine degli anni ’30.
Anche per questo si tratta indubbiamente di un Nabokov molto diverso dallo scrittore americano del secondo dopoguerra, oserei dire di un Nabokov minore. In alcuni racconti, in particolare nei primi due (Lo spirito dei boschi e Suoni, che sono anche le prime prove letterarie dell’autore) affiora a mio avviso una certa ingenuità sia tematica sia stilistica. Entrambi i brevi racconti, pur molto diversi tra di loro, sono intrisi dalla nostalgia per la Russia perduta: nel primo uno Spirito dei boschi viene a trovare lo scrittore nella sua stanza solitaria, e gli narra che anche lui è dovuto scappare dalla Russia, perché i boschi sono stati tagliati o bruciati, e la violenza regna nella grande patria. Il secondo, dai toni più idilliaci, prende lo spunto dal racconto di una relazione amorosa che sta per finire per descrivere l’atmosfera sospesa del settembre 1914, gli ultimi giorni di un mondo cui Nabokov si ricollega nostalgicamente e che verrà inesorabilmente spazzato via dalla guerra e dalla Rivoluzione. Continua a leggere “Nascita di uno scrittore”