Recensione di Suite francese, di Irène Némirovsky
Adelphi, Biblioteca, 2005
Dopo le perplessità scaturite dalla lettura de Il ballo, un racconto che credo si debba considerare minore nell’ambito della produzione letteraria di Irène Némirovsky, quale migliore occasione per affinare il giudizio su questa celebrata scrittrice che affrontare Suite francese, la sua opera più ambiziosa e sofferta, il grande affresco in presa diretta della Francia negli anni della guerra e dell’occupazione, il romanzo incompiuto che ha segnato la sua riscoperta a livello internazionale?
In realtà affrontare questo romanzo nasconde un’insidia oggettiva: che prevalga, nel giudizio, nell’analisi, non il valore dell’opera in quanto tale, ma ciò che quest’opera rappresenta rispetto alla tragica vicenda umana dell’autrice.
Suite francese (che peraltro nelle intenzioni dell’autrice avrebbe dovuto forse intitolarsi Tempête o Tempêtes) come lo conosciamo oggi è ciò che Irène Némirovsky riuscì a scrivere e in parte a rivedere di un’opera molto più complessa, la cui articolazione prevedeva cinque parti, per un totale di circa 1000 pagine. Di queste, oltre le due scritte, solo la terza parte, che avrebbe dovuto intitolarsi Captivité, era stata quantomeno concepita dalla scrittrice, anche se molti erano ancora i dubbi e le incertezze sugli episodi di cui si sarebbe composta. Le ultime due parti, di cui l’autrice aveva immaginato solo i titoli provvisori (Batailles e La paix) avrebbero dovuto essere scritte anche in relazione alla piega che avrebbero preso gli eventi bellici e la situazione francese.
Questo e molto altro ancora lo sappiamo perché quando nel 2005 Adelphi pubblicò il romanzo contravvenne alla regola della nudità delle sue pubblicazioni, che nella maggior parte dei casi non prevedono alcun supporto critico a corredo del testo letterario; in questo caso, probabilmente per uniformità con l’edizione originale francese dell’anno precedente e per l’oggettiva opportunità di fornire qualche informazione supplementare rispetto ad un testo monco, fece seguire le pagine del romanzo da una appendice e da una postfazione. L’appendice si articola in due sezioni distinte: la prima è composta da appunti tratti dal diario della scrittrice che riguardano la stesura dell’opera e considerazioni sulla situazione della Francia, scritti tra il giugno del 1941 e l’11 luglio del ‘42, due giorni prima dell’arresto; la seconda contiene invece lettere della scrittrice, di suo marito, dei suoi editori e di altri personaggi, scritte tra il 1936 e la fine del 1945, che ci aiutano a comprendere i tragici avvenimenti che l’hanno coinvolta, compresi i disperati ed inutili tentativi del marito di salvarla muovendo conoscenze altolocate. La postfazione è invece poco più che una nota biografica sulla scrittrice con marginali considerazioni sulla sua opera.
Le due parti di cui il romanzo è composto sono strutturalmente molto diverse. La prima, intitolata Tempesta di giugno (ma per la quale Némirovsky immagina anche il titolo alternativo di Naufrage) copre un arco temporale che va dall’inizio del giugno 1940 al marzo successivo, ed è centrata essenzialmente sull’esodo verso sud dei francesi, incalzati dal repentino crollo dell’esercito e dalla conseguente avanzata tedesca che si sarebbe trasformata, a seguito dell’armistizio del 22 giugno, nell’occupazione di gran parte del territorio francese e nella nascita della repubblica collaborazionista di Vichy.
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