Recensione de Il parroco di Tours, di Honoré de Balzac
Sellerio, La memoria, 2006
Dopo due puntate verso opere situate al di fuori del recinto della Comédie Humaine eccomi tornato, con questo quarto e per il momento ultimo capitolo di letture balzachiane, nell’ambito della titanica opera principale dello scrittore di Tours.
Qualche settimana fa avevo lasciato l’immensa cattedrale letteraria dopo averne attraversato uno dei portali principali, un romanzo di grande spessore ed importanza come César Birotteau. Per un caso fortuito, il ritorno all’ovile avviene per il tramite di un lungo racconto in qualche modo strettamente legato a quel romanzo.
Il lettore di César Birotteau ricorderà che il protagonista, stimato profumiere di cui seguiamo il repentino crollo sociale, ha un fratello sacerdote a Tours, cui si rivolge per avere un prestito, peraltro negato. Il protagonista de Il parroco di Tours è proprio il fratello del buon César, François Birotteau, le cui vicende sono ambientate circa otto anni dopo quelle del fratello: siamo infatti, nella precisa cronologia che costituisce uno dei tratti caratterizzanti il realismo dell’autore, tra l’autunno del 1826 e l’estate dell’anno successivo, essendo quindi passati dai primi agli ultimi anni della Restaurazione, pur rimanendo comunque, e questo è un dato non secondario, nell’ambito di quel periodo storico.
Don Birotteau è sessantenne, e da anni svolge le funzioni di vicario a Saint-Gatien, la splendida cattedrale gotica di Tours. Dopo che Napoleone, all’inizio del XIX secolo, ha ristabilito il culto cattolico, facendo uscire il clero dallo stato di clandestinità del periodo rivoluzionario – di cui si ha uno splendido esempio nel racconto Un episodio durante il terrore posto ad introduzione delle Memorie di Sanson – don Birotteau ha coltivato due desideri, che lo hanno preso come due vere e proprie passioni: essere nominato canonico e andare a vivere nell’appartamento ampio, comodo e pieno di libri, del suo migliore amico, il canonico Chapeloud. L’appartamento è parte di un vecchio edificio, situato nei pressi della cattedrale, di proprietà di una pia zitella cinquantenne, Mademoiselle Gamard, che ospita – oltre alla padrona di casa – anche un altro prete, don Troubert. Quando il lettore fa la sua conoscenza, don Birotteau ha esaudito il suo secondo desiderio da un paio d’anni: don Chapeloud è infatti morto, lasciando in eredità i suoi mobili e i suoi libri a don Birotteau, che si è potuto così trasferire nell’appartamento, a pensione da Mademoiselle Gamard. Quanto al canonicato, non vi è ancora arrivato, ma la sera in cui si apre il romanzo, rientrando sotto la pioggia dal salotto di Madame de Listomère, l’influente aristocratica nel cui salotto si reca settimanalmente, ha avuto assicurazioni circa l’appoggio dei circoli aristocratici di Tours alla sua nomina. Egli è quindi, nonostante i primi acciacchi dell’età, un uomo sulla soglia della completa felicità.
Come spesso accade ai personaggi balzachiani, e come accaduto otto anni prima a suo fratello (in realtà César Birotteau sarà scritto da Balzac qualche anno dopo) l’apice della gratificazione sociale ed umana di don Birotteau, che coincide con il momento in cui si apre il racconto delle sue vicende, coincide anche con l’inizio del repentino crollo. Rincasando sotto la pioggia, infatti, don Birotteau si trova di fronte agli inequivocabili indizi di un ingiustificato astio da parte della padrona di casa: deve scampanellare tre volte per farsi aprire dalla giovane domestica, trova la sua candela e le pantofole fuori posto e il fuoco nella sua camera spento. Don Birotteau ha da qualche mese la sensazione che la padrona di casa non lo tratti bene come prima ma, ingenuo sino all’ottusità, non sa spiegarsi le ragioni di questo comportamento ostile, che ci vengono illustrate dal narratore, il quale interviene spesso nel racconto sia per esporre antefatti sia per esprimere giudizi sugli avvenimenti. Il povero prete ha infatti ferito inconsapevolmente la padrona di casa nella sua maggiore ambizione: quella di farsi un salotto e quindi di avere un posto nella società di Tours.
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