Recensione di Cargo, di Georges Simenon
Adelphi, Biblioteca, 2006
Cargo è la seconda tappa della mia parziale immersione nell’oceano delle opere di Georges Simenon; pubblicato originariamente nel 1936, quando lo scrittore era poco più che trentenne, gli venne ispirato, come informa il risvolto di copertina di questa edizione Adelphi, da un lungo viaggio che tra il 1934 e il 1935 lo portò nell’America centrale e meridionale, quindi in Polinesia e in Nuova Zelanda. Nel solco del migliore stile grafico dell’editore di via San Giovanni sul Muro, la copertina del volume è a mio avviso di un magnifico ed evocativo minimalismo, con uno sfondo blu francese su cui spicca il bellissimo scatto di uno dei grandi fotografi francesi contemporanei, Jean Gaumy, che da solo riassume tutta l’atmosfera del romanzo, o quantomeno delle sue prime due parti. Alla cura nella grafica si accompagna l’ottima traduzione di Marco Bevilacqua, e questo permette di non censurare nettamente l’usuale mutismo dei romanzi Adelphi, ovvero l’assoluta mancanza di un qualsiasi apparato critico, che per la verità in questo caso si avverte meno, data la linearità della narrazione.
Insolitamente lungo rispetto agli standard dell’autore, Cargo si presenta come un romanzo ambizioso, al quale probabilmente Simenon aveva affidato molte aspettative rispetto alle sue capacità di andare oltre il genere poliziesco nel quale l’ingombrante personaggio di Maigret, apparso nel 1931 e che all’epoca contava già una ventina di episodi, lo stava intrappolando. Ambizione dell’autore, perseguita per tutta la vita, era infatti – in perfetta sintonia con la grande tradizione letteraria classica francese – di scrivere un roman total, un grande mosaico della vita del XX secolo di cui i singoli romans durs costituissero le tessere: visto in questa prospettiva Cargo può essere ritenuto una delle prime di tali tessere, e certo non quella cui Simenon attribuisse la minore importanza. Il risultato è tuttavia a mio avviso ambiguo, perché se da un lato il romanzo fa affiorare come già nelle prove dell’anteguerra lo scrittore belga mostrasse indubbie capacità di tracciare intensi ritratti psicologici dei suoi personaggi, peraltro già evidenziate in alcune opere precedenti come Le finestre di fronte, dall’altro risente della sua ambientazione esotica e del prevalere di situazioni avventurose, che appaiono spesso strumentali e forzose e hanno come cifra fondamentale una prolissità a tratti gratuita: è come se il lungo viaggio fatto nel periodo precedente la scrittura di Cargo abbia preso la mano all’autore, costringendolo in qualche modo ad ambientare il romanzo lungo le sue tappe più significative e vestendolo di una trama improbabile, con il risultato di una notevole perdita di credibilità della storia e di una certa ingenua superficialità di tematiche che ammanta tutta l’opera.
Protagonista del romanzo è Joseph Mittel, giovane parigino figlio di un martire anarchico, morto per la causa quando lui aveva solo due anni. Lo incontriamo mentre, in una sera fredda e piovosa, è sul cassone di un furgone che lo sta portando da Parigi a Dieppe. Nella cabina, accanto all’autista che ha dato un passaggio alla coppia, c’è la sua fidanzata, Charlotte, anch’essa giovane anarchica, spregiudicata e di costumi sessuali assai aperti. Fuggono, perché Charlotte ha ucciso l’uomo di cui era stata la domestica e amante, dopo aver tentato di ricattarlo al fine di raccogliere denaro per la causa.
A Dieppe riescono a imbarcarsi su un cargo, il Croix-de-Vie, in partenza per il Sudamerica. Mopps, il comandante e proprietario del cargo, assegna Mittel alle caldaie, mentre Charlotte diviene in breve la sua amante. Oltre al carico ufficiale il Croix-de-Vie trasporta molte casse di mitragliatrici, destinate ad una rivoluzione che sta per scoppiare in Ecuador: è questo il vero affare del viaggio, da cui Mopps si aspetta un lauto guadagno.
In vista di Panama giunge a bordo la notizia che Charlotte e Joseph sono stati segnalati alle autorità panamensi da quelle francesi, per cui non possono sbarcare. Inoltre il tentativo rivoluzionario in Ecuador è stato liquidato, per cui le mitragliatrici non possono più essere vendute. Mopps, che a questo punto non ha neppure i soldi per rifornire il cargo di carbone e pagare il diritto di passaggio nel canale, è costretto ad indebitarsi con degli strozzini: corrompendo la polizia del canale riesce a far passare nel Pacifico i due giovani, ai quali si è affezionato (soprattutto a Charlotte…), sbarcandoli nella città colombiana di Buenaventura, procurando loro documenti falsi e a Joseph un lavoro presso un amico.
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