Recensione de La moglie imperfetta e altri racconti, di Leopoldo Alas “Clarín”
Giulio Perrone Editore, i Classici, 2008
Nel risguardo di copertina de La moglie imperfetta e altri racconti viene detto che “… dopo decenni di silenzio […] finalmente l’editoria italiana torna ad interessarsi in modo organico di un autore che con la sua prosa colta e raffinata, con la sua ironia e la sua esperienza del mondo, ha saputo occupare da protagonista la scena letteraria ed intellettuale spagnola dell’ultimo quarto dell’Ottocento”. Questo autore è Leopoldo Alas, più noto con lo pseudonimo di Clarín, esponente di spicco del realismo spagnolo. In realtà tanto entusiasmo era mal riposto, visto che Clarín è tornato ad essere scrittore poco frequentato dall’editoria italiana. La sua produzione letteraria non è stata particolarmente cospicua, anche perché morì a soli 49 anni nel 1901: scrisse due romanzi ed alcuni romanzi brevi, oltre a decine di racconti. Intellettuale a tutto tondo, fu un noto critico letterario e insegnò diritto romano e naturale all’Università di Oviedo, città di origine della sua famiglia. Liberale e anticlericale, fu seguace del krausismo, corrente dell’idealismo tedesco di stampo neokantiano, rifacentesi all’opera del filosofo tedesco Karl Christian Friedrich Krause, che sosteneva la necessità della tolleranza dottrinale e della libertà della scienza da ogni dogma. Il krausismo ebbe nella Spagna della prima repubblica e della successiva restaurazione borbonica notevole influsso sugli intellettuali liberali e progressisti, ispirando tra l’altro la fondazione nel 1876, da parte di un gruppo di docenti universitari delusi dai limiti alla libertà d’insegnamento imposti dalla restaurata monarchia, dell’Institución Libre de Enseñanza, istituto educativo che per oltre mezzo secolo avrebbe svolto un ruolo chiave nel panorama culturale spagnolo, prima di essere chiuso da Franco nel 1936.
Nel nostro Paese i due romanzi di Clarín: La Presidentessa, ispirato a Madame Bovary e considerato il romanzo più importante dell’800 spagnolo, e il più tardo Il suo unico figlio, sono stati pubblicati più volte; entrambi risultano però oggi di difficile reperibilità, come pure i pochi altri volumi dell’autore tradotti in italiano.
Tra questi rientra questo volumetto, che l’editore Perrone pubblicò nel 2008, e che si segnala per alcune particolarità. La prima è la sua parzialità: i quattordici racconti che lo compongono, oltre al breve Prologo dell’autore, fanno parte di una raccolta pubblicata da Clarín nel 1896, una delle ultime opere edite lui vivente, i Cuentos morales, formata però da ventotto racconti. Una seconda particolarità del volume è che nonostante i racconti siano piuttosto brevi (il libro, di piccolo formato, consta di 148 pagine) ciascuno è stato affidato ad un traduttore diverso, sotto la curatela di Matteo Lefèvre. Non riuscendo a capire il senso di una tale operazione, che espone l’opera al rischio di una traduzione disomogenea con conseguente confusione sullo stile dello scrittore, ho fatto qualche ricerca in rete, risolvendo l’arcano. Il volume è di fatto il risultato di un Laboratorio di traduzione coordinato a suo tempo da Lefèvre, studioso di letteratura spagnola e oggi docente a Tor Vergata. Ciascun alunno ha tradotto, guidato da Lefèvre, un singolo racconto della raccolta: probabilmente quindi il numero dei partecipanti al laboratorio ha anche determinato il numero dei racconti pubblicati.
Un’ulteriore, veniale licenza del curatore è l’ordine in cui vengono proposti i racconti, che non corrisponde a quello originale. Il volume si apre così, dopo la breve nota biografica sull’autore e il già citato Prologo su cui sarà necessario tornare, con il racconto eponimo, che nei Cuentos originali occupa l’ottava posizione.
Mariquita Varela, la protagonista, è una donna non più giovane, moglie del medico Fernando Osorio. Da quando i figli, ormai grandicelli, le lasciano più tempo libero, ha iniziato a leggere: dapprima volumi di medicina del marito, quindi libri ”di letteratura, di morale, di filosofia”. In verità anche il marito, cui è sempre stata fedele, le lascia ormai molto tempo libero, perché l’amore è svanito nella routine coniugale e l’uomo ormai cerca soddisfazioni altrove.
Una notte, attendendo il marito, legge La moglie perfetta, di Fray Luis de León, ascetico agostiniano del rinascimento spagnolo. Leggendo si rende conto che, nonostante la sua fedeltà al marito e l’amore per i figli, è assai lontana dalla virtù, perché secondo il dotto frate a Dio non basta che una donna sia onesta e fedele, in quanto la vera virtù non può contemplare neppure il pensare di non poter essere tale: ”è già potenzialmente una donna di strada colei che si prende la licenza di occuparsi di quelle cose che riguardano la strada”. Ricorda quindi con sensi di colpa il suo desiderio di apparire desiderabile al ritorno in società dopo i parti, e il tempo in cui cercava di mascherare con innocente civetteria i primi segni della maturità.
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