Recensione de Gli amori di un damerino, di John Cleland
Marlin, I Lapilli, 2008
Dopo Cendrars, è ancora il momento di riprendere un autore con il quale mi ero incontrato agli albori delle mie recinzioni, nell’ormai lontano 2012, senza che da allora abbia avuto modo di leggere altro di lui: John Cleland.
Se però nel caso di Cendrars questo vuoto di letture è attribuibile in parte a distrazione, non avendo nel tempo arricchito la mia libreria di altri tra i (pochi) titoli dell’autore editi negli anni, di Cleland posso dire di aver acquisito tutte le sue opere pubblicate in Italia, vale a dire Fanny Hill e questo Gli amori di un libertino. Cleland scrisse anche altri testi, tra i quali alcuni romanzi, ma il suo nome e la sua fortuna letteraria sono indissolubilmente legati alla sua prima opera, al successo che ebbe, allo scandalo che provocò e alla sua riscoperta nella seconda metà del ‘900.
È però preliminarmente opportuno fornire qualche cenno della biografia di questo autore non troppo conosciuto, sicuramente un minore nel ricchissimo panorama letterario del ‘700 britannico, del quale tuttavia occupa un posto peculiare.
Cleland era di origini scozzesi. Nacque nel 1710 (o l’anno prima) da William, rampollo di una antica famiglia che, dopo una breve ma intensa carriera militare, si stabilì in Inghilterra, e Lucy, figlia di un mercante ebreo olandese. Sentiva fortemente le sue ascendenze, come testimonia il fatto che nelle sue ultime opere tentò di dimostrare come alla base di tutte le lingue parlate vi fosse il celtico.
Iscritto adolescente ad una delle scuole private più prestigiose del regno, ne viene espulso due anni dopo. Diciottenne, si imbarca per l’India come miliziano della Compagnia delle Indie: in breve passa nell’amministrazione, di cui diviene un alto funzionario; nel 1740 torna però improvvisamente a Londra. Non sono mai stati chiariti i motivi dell’espulsione dalla scuola e dell’imprevedibile abbandono dell’India quando sembrava destinato ad assumere la più alta carica civile nei ranghi della Compagnia: entrambi gli episodi vengono da alcuni critici connessi alla sua presunta omosessualità, peraltro mai dichiarata né confermata.
Nel febbraio del 1747 viene arrestato per un debito di 840 sterline, una somma pari a circa € 120.000 odierni. Trascorre nella famigerata Fleet Prison oltre un anno, durante il quale termina di scrivere Memoirs of a Woman of Pleasure, universalmente conosciuto oggi come Fanny Hill, romanzo iniziato a Bombay, come dichiarerà più tardi, per una sfida: dimostrare ad un amico che era possibile scrivere una storia di prostituzione senza usare termini volgari. Il primo volume dell’opera esce nel novembre del 1748 – quando Cleland è già libero, probabilmente perché l’editore ha pagato il suo debito – ed il secondo pochi mesi dopo. Nel novembre 1749 Cleland è di nuovo brevemente arrestato, insieme all’editore e allo stampatore di Fanny Hill: durante il processo, disconosce la sua opera, augurandosi che venga sepolta e dimenticata. Il libro sarà ufficialmente all’indice per oltre un secolo – in Gran Bretagna la pubblicazione della versione integrale fu proibita sino al 1970 – ma conoscerà naturalmente decine di edizioni pirata più o meno fedeli all’originale; Cleland nel 1750 ne scrive una versione che oggi definiremmo soft-core, che poté essere pubblicata legalmente. Nei decenni successivi tenterà senza riuscirvi di ripetere il successo di Fanny Hill scrivendo alcuni altri romanzi incentrati su vicende amorose, nei quali l’erotismo è trattato con discrezione: Memoir of a Coxcomb (tradotto in questa edizione come Gli amori di un damerino) è il primo di questi, del 1751; seguiranno The Surprises of Love (1764), The Woman of Honour (1768) ed altri. In quegli anni si dedica soprattutto al giornalismo, divenendo notista politico di second’ordine per il Public Advertiser; scrive saggi di medicina e sulle lingue nonché testi teatrali, ma è continuamente in ristrettezze economiche; vive solo, da vecchio malmostoso e furbo, come lo definì Boswell, ricevendo i pochi amici letterati. Muore, settantanovenne, nel 1789.
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