Recensione de La dama del sudario, di Bram Stoker
Editori Riuniti, Narrativa, 1996
Prima di iniziare a commentare La Dama del Sudario mi corre l’obbligo di avvisare il lettore di queste note che l’edizione da me letta, pubblicata nel 1996 dagli Editori Riuniti e oggi reperibile sul mercato dell’usato, non è una versione integrale dell’originale. Scorrendo quest’ultima, infatti, mi sono reso conto di come, particolarmente nel primo libro, che narra gli antefatti alla vicenda, ma anche nei seguenti, interi documenti di cui – come si vedrà – è composto il testo siano stati eliminati e alcuni periodi soppressi. La cosa grave a mio avviso sta soprattutto nel fatto che l’editore non abbia ritenuto necessario avvisare l’incauto acquirente della arbitraria riduzione del romanzo. A mio avviso ciò da un lato costituisce una imperdonabile scorrettezza editoriale, dall’altro testimonia come il romanzo sia stato trattato, da un editore non di secondo piano e un tempo portatore di una gloriosa tradizione, alla stregua di un prodotto di consumo da dare in pasto ad un pubblico considerato minore, in cerca solo dell’azione. Consiglio quindi caldamente chi volesse arricchire con questo titolo la sua libreria di acquistare una delle edizioni integrali del romanzo, fortunatamente ancora reperibili.
Detto questo, la lettura de La Dama del Sudario arricchisce il mio personale percorso di avvicinamento a Dracula, il cui approdo si preannuncia peraltro lontano nel tempo, di una nuova tappa, che, ancorché monca, mi ha confermato una volta di più come Bram Stoker possa essere sostanzialmente considerato autore di un solo romanzo, il cui successo è andato forse per vari motivi al di là degli specifici meriti letterari.
Del resto ciò emerge chiaramente anche ricercando i libri dell’autore irlandese in un qualsiasi negozio on-line: degli oltre sessanta volumi che si possono trovare in vendita, più di cinquanta sono le edizioni di Dracula, che compare nel catalogo di tutte le principali case editrici italiane. Ciò che resta è dedicato a pochi degli altri romanzi di Stoker, e si nota come tra questi La Dama del Sudario abbia avuto una sua relativa fortuna, con almeno tre diverse edizioni nel corso degli ultimi decenni. Forse il motivo dell’interesse editoriale per questo romanzo sta nel fatto che, come si vedrà, richiama, o meglio vorrebbe richiamare – sia nella struttura sia nelle atmosfere – il fratello maggiore.
Una delle caratteristiche peculiari di Stoker è che lo si può considerare una sorta di dilettante della scrittura: a partire dal 1876 e per quasi trent’anni, infatti, sua occupazione principale fu essere segretario ed agente teatrale del grande attore Henry Irving; si dedicò a tempo pieno alla letteratura solo negli ultimi anni di vita, dopo la morte di Irving avvenuta nel 1905.
La Dama del Sudario appartiene a quest’ultima fase della vita di Stoker, essendo stata pubblicata nel 1909, dodici anni dopo Dracula; avendo letto due dei tre romanzi da lui editi in questo periodo, credo di poter dire che si tratti di una fase di stanca ripetizione di alcuni dei clichés narrativi che tanto successo gli avevano procurato, con un rifugio nel genere – origine tra l’altro di palesi ingenuità narrative – che toglie certamente respiro a queste sue opere, le quali pure non mancano di interesse soprattutto in quanto permettono di delineare chiaramente l’ideologia che le sottende.
Pur trattandosi di un’opera volta a creare suspense nel lettore, ritengo di non infrangere alcun tabù accennando brevemente ad alcuni elementi della trama de La Dama del Sudario, in quanto nessun lettore penso possa dubitare, sin dalle prime pagine, dell’inevitabile lieto fine della storia narrata.
Come detto Stoker mutua da Dracula la struttura del romanzo, composto da vari documenti: articoli, resoconti, diari e lettere redatti da svariati personaggi. L’intento è manifestamente quello di richiamare l’oggettività dei fatti andando alle loro fonti, in una sorta di estremismo naturalistico nel quale l’autore non interviene, limitando apparentemente il suo ruolo all’assemblaggio di documenti che rendono il racconto polifonico, e pertanto più credibile, soprattutto in relazione all’esotismo e all’alone di mistero che circonda le storie narrate. Purtuttavia qui tale effetto è notevolmente attenuato, in quanto la parte nettamente preponderante delle vicende è narrata avvalendosi del diario del protagonista, Rupert St. Leger, che diviene quindi per gran parte del romanzo l’unico occhio che vede ed interpreta la realtà. Le altre voci intervengono quasi unicamente all’inizio ed alla fine del romanzo, al fine di inquadrare la vicenda con i suoi protagonisti e di concluderla.
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